Elia Alunni Tullini
Elia Alunni Tullini nasce nel 1986 a Foligno, dove attualmente vive e lavora. Fin da ragazzo dimostra estro creativo e ottime abilità manuali che affina nelle botteghe dei nonni artigiani. Apprende il mestiere dello scultore non soltanto dai mentori incontrati sul proprio percorso, ma anche dalle molte letture che, insieme a una curiosità innata, conferiscono alla sua arte un’influenza nettamente contemporanea.
Scultore, ceramista, formatore e ritoccatore di cere, nel 2013 si trasferisce a Milano dove affianca i maestri delle arti bronzee della fonderia Artistica Battaglia, presso la quale foggia nella cera, nel gesso e nel bronzo numerose opere di artisti internazionali. Tornato nel suo studio folignate, mette in pratica il bagaglio di conoscenze acquisite nel figurativo, approfondendo lo studio dell’arte, in particolare le avanguardie e i surrealisti, e il pensiero filosofico. Attraverso le sue ricerche, definisce la propria visione del ruolo dell’artista nel mondo odierno, frutto di una società profondamente nichilista. Da ciò derivano le tematiche sociali presenti nelle sue opere. Introduce l’idea di una figura statica a simboleggiare la mancanza di fermento culturale dell’era moderna.
Nel 2017 realizza due monumenti in bronzo raffiguranti Jarno Saarinen, installati rispettivamente a Petrignano d’Assisi e a Turku in Finlandia.
La sua ricerca è in continuo divenire, nel tentativo di equilibrare nelle giuste proporzioni materia e poetica. Il suo intento è quello di guidare l’interlocutore in un viaggio introspettivo, sensibilizzandolo sulle tematiche sociali e innestando in esso degli spunti di riflessione.
Nelle proprie opere predilige l’uso di ceramica e cemento: in un connubio tra tradizione e modernità, la ceramica ricalca la memoria storica e archeologica, invece il cemento armato fa riferimento alla contemporaneità, falsamente elastica e soggetta a sgretolamento.
Statement
La prima sensazione che arriva da un pane di argilla incellofanato o da un blocco di marmo tagliato è la violenza subita dalla materia, sputata fuori da un incubatore tecnologico. La natura crea le più nobili forme d’arte: pure, vere, incontaminate, perfette nel concetto e nella composizione chimica molecolare. Lo scultore, l’artista si trova a dover rimediare alla prima violazione rivolta alla creazione naturale perpetrata dall’estrazione e dalla lavorazione industriale che violenta la materia in modo irrispettoso. Ha il difficile compito di dover ridare la vita, di rieducare qualcosa di assopito.
Attraverso la trasmutazione alchemica della materia in vita, la mano trasmette qualcosa di privato e personale a una energia già preesistente, indipendente. A volte essa respinge l’atto manuale e apparentemente razionale, ma in realtà profondamente inconscio.
Di frequente avverto questa repulsione al mio tentativo di trasformazione, come un secondo atto di violenza, motivazione che mi spinge a replicare il vero.
Ogni atto mancato, ogni virtuoso gesto scultoreo negato, è un inchino alla madre terra. Una forma di rispetto che dona alla natura il ruolo di creatrice primordiale ancor prima dell’artista che interpreta e usa ciò che essa ha creato.
Solo così l’artista può percorrere la sua via verso l’elevazione spirituale.
Senza subire un ulteriore stupro da parte delle emozioni che posso trasferirle attraverso la mia manipolazione, la materia è libera di manifestarsi nella propria magnificenza, uscendo dallo stampo viva. Nasce vita dal vero!